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Misteri Nascosti e 2012

Il blog sui misteri della scienza e sugli interrogativi sulle profezie per l'anno 2012. Visita anche il nostro blog TELEFONINO3.TK
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Antichi Egizi in Australia?






















Stupefacenti geroglifici si trovano in Australia, sulle rocce nella foresta del Parco Nazionale della Hunter Valley, cento chilometri a nord di Sydney. Secondo il ricercatore Paul White essi sono d’origine egizia e risalgono a 4500 anni fa. Si dice che i graffiti fossero scoperti nei primi anni del Novecento, ma rimasero nascosti al grande pubblico sino a che, negli anni Settanta, non li riscoprì un uomo che cercava il proprio cane disperso. 

In un gran blocco d’arenaria c’è come una piccola ‘camera’ tra due pareti di pietra, distanti pochi metri, l’una di fronte all’altra, mentre una specie di soffitto copre l’estremità più stretta. Per raggiungerla occorre salire su una piccola frana rocciosa, nascosta dalla vegetazione.

Sulle rocce sono incisi almeno duecentocinquanta geroglifici di tipo egizio, in parte corrosi dal tempo. Non somigliano ai graffiti d’animali fatti dagli aborigeni.



All’estremità della grotta si vede l’antico dio egizio Anubis, il giudice dei morti. I disegni appaiono molto antichi, nello stile arcaico e poco conosciuto delle prime Dinastie. Gli egittologi sono abituati a leggere i geroglifici d’epoche più recenti, ma lo stile antico contiene forme primitive. Questo spiega i dubbi dei ricercatori, di fronte ad immagini bizzarre, che da molti sono tacciate d’essere volgari falsi. L’anziano egittologo Ray Johnson, che aveva tradotto testi molto antichi per il museo delle antichità del Cairo, sarebbe riuscito a tradurre le due pareti della grotta. Ne è emersa una saga tragica di antichi esploratori, naufragati in una terra sconosciuta, e la morte prematura del loro capo di stirpe regale, ‘il Signore Djes–eb’.

Un gruppo di tre cartigli incorniciati registra il nome di Djedefre o Ra’Djedef, Re dell’Alto e Basso Nilo della IV Dinastia (2528–2520 a.C.), fratello di Khafra e figlio di Khufu.

Ciò daterebbe la spedizione subito dopo il regno di Khufu, conosciuto in greco come Cheope, il Faraone della prima delle tre grandi piramidi. Djes–eb poteva essere uno dei figli del Faraone Ra’Djedef, che regnò per otto anni dopo Khufu. Se l’iscrizione fosse autentica, potrebbe risalire al 2500 a.C. e sarebbe stata scritta su ordine d’un capitano di nave o simile, poiché il glifo angolare sulla parete reca il titolo d’un alto ufficiale o d’un sacerdote. Lo scrivano parla a nome di Sua Altezza il Principe, “da questo posto sventurato in cui siamo giunti con la nostra nave”.

Il capo della spedizione è il figlio del Faraone, ‘il Signore Djes–eb’, venuto a soffrire lontano da casa. I geroglifici parlano del viaggio e della sua tragica fine.

“Siamo andati per colline e deserti, nel vento e sotto la pioggia, senza trovare laghi.

È stato ucciso mentre trasportava alto il vessillo del Dio Falco in terra straniera, attraverso le montagne, il deserto e l’acqua. Egli, che è morto prima, qui è stato lasciato a riposare.

Possa avere la vita eterna. Non si alzerà mai più in piedi presso le acque del Sacro Stagno di Mer, il cui nome significa ‘amore’”.

La seconda parete, più corrosa, descrive la tragedia. Comincia con il glifo d’un serpente, con un glifo delle mascelle (mordere) ed il simbolo di ‘due volte’.

“Il serpente ha morso due volte. I seguaci del signore Khufu, vigoroso Re del Basso Egitto, Signore dei due Regni, non ritorneranno tutti. Tutte le sponde dei fiumi e dei torrenti sono asciutte. La nostra imbarcazione è danneggiata e legata con la corda. Abbiamo dato il rosso d’uovo dalla cassa dei medicinali ed abbiamo pregato Amen, il Nascosto, dato che è stato colpito due volte.

Abbiamo murato l’entrata laterale al rifugio con le pietre ed abbiamo allineato la camera ai cieli occidentali. Le tre porte dell’eternità sono state collegate all’estremità posteriore della tomba reale e sono state sigillate. Abbiamo disposto al suo lato un vaso, l’offerta santa, caso mai si svegliasse dalla tomba. È separato dalla casa il corpo reale e tutti gli altri.

Qui è iscritta la storia straordinaria della morte e della sepoltura del Signore Djes–eb, uno dei figli del Faraone Ra’Djedef”.

Lo stato di consunzione dei graffiti sembra dimostrare una lunga esposizione al clima.

Una piramide a terrazze, alta una trentina di metri, antica almeno 6000 anni, si trova alla periferia di Gympie, nel Queensland. Essa fu segnalata dal primo uomo bianco che raggiunse la zona, verso il 1850. Due statue di pietra che raffigurano scimmie e potrebbero avere 3000 anni sono state dissotterrate presso questa piramide nel 1966, e si pensa rappresentino il dio egiziano Thoth. La scimmia più grande, accovacciata, è fatta di conglomerato pietroso. La scimmia più piccola impugna la Tau o Croce di vita ed è rovinata dal tempo e dagli agenti atmosferici. Thoth era il dio della scrittura e della saggezza, rappresentato come una scimmia dagli Egizi sino a circa il 1000 a.C., poi si trasformò in una divinità dal corpo umano, con la testa di un Ibis, e registrava il giudizio delle anime nell’altro mondo.

Una statuetta molto piccola di scimmia accovacciata è stata trovata da un operaio di Widgee Shire. Anche questa si crede che rappresenti Thoth. Un’antica Ankh o ‘Croce di vita’ egizia, di giada, è stata dissotterrata a Noosaville, sulla Sunshine Coast. A Toowoomba sono state trovate diciassette pietre di granito con iscrizioni fenicie.

Un disco solare egiziano è stato scoperto nel 1950, intagliato in una scogliera.

Presso Bowen sono stati trovati sulle rocce graffiti simili a geroglifici egiziani.

Uno scarabeo intagliato in onice è stato scavato vicino al fiume Neapean, presso Penrith (New South Wales). A Penrith esiste una piramide a gradoni alta 50 piedi. Ad ovest delle Blue Mountains esiste un’altra piramide a gradoni, simile a quella di Gympie, fatta d’enormi blocchi di granito, alta una trentina di metri. Rex Gilroy identificò nel 1978 antichi simboli massonici egizi in una caverna, ad alcune miglia dal luogo dove era stata scoperta nel 1910 una moneta di Tolomeo IV.

Presso il fiume Hawkesbury, disegni molto antichi degli aborigeni raffigurano sulla roccia dei visitatori sconosciuti, tra i quali si vedono tipi simili agli Egizi.

Alla fine dell’Ottocento, nella zona centrale del NSW, gli aborigeni adoravano un essere celeste di nome Biame, giudice delle anime, con un ruolo simile al Thoth, della mitologia egizia. Le tribù del Kimberley adorano ancora oggi una dea madre, come facevano le tribù del distretto di Gympie, e come le antiche popolazioni del Medio Oriente. Alcuni gruppi delle tribù di Kimberley hanno le caratteristiche razziali del Medio Oriente e nella loro lingua vi sono molte parole egiziane antiche.

Nel 1931 A.P. Elkin, professore d’antropologia all’università di Sydney, scoprì una tribù che non aveva mai incontrato un uomo bianco. Il professore rimase sbalordito quando gli anziani della tribù lo salutarono con antichi segni massonici segreti della mano. Fu colpito dalle caratteristiche somatiche dei nativi. Scoprì che gli aborigeni adoravano il sole, avevano i culti della Madre Terra e del Serpente dell’arcobaleno, e che diverse parole della loro lingua erano d’origine egiziana. Siamo nella zona della famosa arte rupestre dei Wandjina i quali, secondo la leggenda, provenivano in grandi navi dall’altro capo dell’Oceano Indiano.

A Tjuringa, regione di Kimberley, c’è un simbolo solare identico a quello di Aton, la divinità adorata in Egitto verso il 1000 a.C. Gli adoratori di Aton raffiguravano il Sole con piccole mani che escono per abbracciare l’umanità.

Nella terra di Arnhem e nello stretto di Torres si mummificavano i morti. Nel 1875 si trovò nell’isola di Darnley un cadavere mummificato. Il celebre medico Sir Raphael Cilento lo esaminò e stabilì che il metodo d’imbalsamazione era lo stesso impiegato in Egitto oltre 2900 anni fa.

Nel 1931 l’antropologo Grafton Elliot-Smith esaminò dei resti mummificati in una caverna della Nuova Zelanda. Identificò il cranio come quello d’un Egiziano, antico almeno 2000 anni. Le sue carte scomparvero misteriosamente dalla biblioteca di scienze dell’Accademia australiana di Canberra.

Nel 1964 sull’isola di New Hannover un ufficiale sanitario, Ray Sheridan, scoprì i resti di un antico tempio del Sole, di stile egiziano. Vide un idolo, rivolto al sole nascente, metà uomo e metà uccello, alto due metri, del peso di quattro tonnellate. Nei pressi, Ray Sheridan trovò la scultura d’una ruota. Le rovine gli ricordavano un antico tempio del Sole che aveva visto in Egitto durante la Seconda Guerra Mondiale.

Ci sono prove significative che gli antichi fossero ben informati dell’esistenza della grande terra del sud. Secondo alcuni, l’Australia compare con il nome di “Antoecie” sul famoso mappamondo sferico di Crates di Mallos.

Secondo il Cairo Times del 1982, gli archeologi che lavoravano a Fayum, vicino all’Oasi di Siwa, scoprirono resti fossili di canguri e d’altri marsupiali australiani. C’è anche l’inspiegabile corredo di boomerang scoperti da Carter nel 1922 nell’anticamera della tomba di Tutankhamen. Lunghi da 26 a 64 cm, essi erano di legno o di maiolica (faenza).

fonte: http://www.liutprand.it/articoliMondo.asp?id=192



















domenica 21 dicembre 2008

AIDS: nuove speranze di cura.











Da adnkronos: 

Roma, 12 nov. (Adnkronos/Adnkronos Salute) - Nuove speranze per la cura dell'Aids dopo il caso di un 42enne statunitense che, sottoposto a trapianto di midollo osseo perché malato di leucemia, ha visto diventare innocuo il virus nel suo organismo. 

Hiv messo fuori gioco, dunque, da un particolare trapianto di midollo, riporta un articolo apparso sul Wall Street Journal. I medici della clinica universitaria Charité di Berlino guidati da Gero Hutter, memori del fatto che alcune persone sono immuni al virus dell'Hiv grazie a una particolare mutazione genetica che li contraddistingue, hanno fatto in modo di trovare un donatore che, oltre a essere compatibile con il paziente, presentasse questa particolare e fortuita mutazione nel Dna. 

E a seguito del trapianto il paziente, dopo 600 giorni in cui ha smesso di assumere medicinali per contrastare l'Hiv, ovvero le terapie antiretrovirali, continua a non presentare segni di virus nel sangue. In sostanza, la mutazione che contrasta il virus impedisce a una molecola, nota come Ccr5, di fissarsi sulla superficie delle cellule. Dal momento che questa molecola agisce da porta d'ingresso del virus all'interno della cellula, la sua assenza si traduce nella quasi immunita' della persona all'Hiv. 

In Europa solo l'1% della popolazione presenta questa mutazione, molto più presente nel Nord del pianeta che al Sud del mondo. Per il momento, grazie ad essa, il paziente sottoposto a trapianto sembra aver battuto l'Aids. Non vi e' infatti presenza del virus nel suo sangue, ne' tantomeno nel cervello o nei tessuti rettali, dove spesso il virus si nasconde. E il suo caso, che verra' presentato entro l'anno alla Conference on Retroviruses and Opportunistic Infections, potrebbe aprire nuove strade per le terapie genetiche volte a contrastare l'Aids.

link: Adnkronos

mercoledì 12 novembre 2008

Incredibile: scoperta nella foresta amazzonica la tomba di un Ufficiale Nazista !


E' una vicenda veramente incredibile, che sembra uscita dritta dritta dal film "Quei ragazzi venuti dal Brasile", che qualcuno ricorderà, con Gregory Peck nei panni del terribile dottor Mengele - il medico folle nazista che riparò impunemente in Sud America, subito dopo la fine del Secondo Conflitto.

Osservate bene la foto qui sopra: si tratta della tomba di un ufficiale nazista, Joseph Greiner che è stata ritrovata pochi giorni fa in piena Amazzonia. La scoperta clamorosa, è stata fatta e mostrata in un nuovo volume appena pubblicato in Inghilterra, il cui titolo tradotto dal tedesco è 'The Guayana-Projekt. A German Adventure on the Amazon'.

Come è ormai noto, Adolf Hitler nei suoi piani di conquista del mondo non aveva dimenticato neppure l'Amazzonia. E un giornalista del settimanale "Der Spiegel", Jens Gluesing, ha scoperto che il progetto del Fuehrer era nientemeno quello di riservare l'Amazzonia ai "popoli superiori di razza bianca".

Tre esploratori tedeschi erano stati spediti nel 1935 nella foresta per studiare le condizioni di realizzazione di un piano di conquista, denominato "Deutsch-Guayana".

A capo della spedizione c'era un rappresentante delle SS, l'Unterstuermfuehrer Otto Schulz-Kampfhebel, che per 17 mesi percorse in lungo e in largo il territorio circostante la Guyana francese.

Nell'aprile 1940 il capo delle SS, Heinrich Himmler, aveva chiesto a Schulz-Kampfhebel un rapporto dettagliato sul progetto segreto per la conquista della foresta pluviale brasiliana, in cui era scritto che questa si prestava "in maniera eccellente per la creazione di una colonia tropicale per lo sfruttamento delle risorse naturali".

Per realizzare il progetto si raccomandava di mettere in atto al piu' presto un'invasione, che tuttavia Himmler decise di rinviare ad "un momento piu' opportuno", presumibilmente a causa della Seconda Guerra Mondiale ormai in corso.

Ma le ricerche compiute da Gluesing hanno permesso ora di ritrovare, in Brasile, nel folto della foresta, nientemeno che i resti di quella spedizione esplorativa, compresa la tomba di questo ufficiale, Joseph Greiner, che morì - come risulta dalla scritta sulla enorme croce nazista ritrovata - il 2 gennaio del 1936, a causa della malaria. 

Sarebbe davvero interessante - e chissà che non lo farà prossimamente qualche film - ricostruire la vicenda di questo manipolo di uomini che il Terzo Reich mandò a morire nel mezzo di una foresta spaventosamente enorme, per assecondare la folle volontà di potenza del loro Fuehrer.

Qui sotto un'altra immagine della tomba di Greiner, insieme ad altre tombe, nella giungla.


http://mysterium.blogosfere.it/

lunedì 3 novembre 2008

Mistero su Oetzi! Il suo DNA è di un gruppo sconosciuto!


Incredibile la parabola di questo enigmatico Uomo di Similaun: dal momento del suo ritrovamento, continuano a susseguirsi colpi di scena.


La mummia di Oetzi, rinvenuta nel 1991 in un ghiacciaio della Val Senales, in Alto Adige ha infatti riservato una nuova super-sorpresa ai ricercatori del gruppo di Gianluca De Bellis, dell'Istituto di Tecnologie Biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche che hanno sequenziato interamente il suo Dna mitocondriale.

Proprio poco fa le fonti hanno rivelato che si è scoperto che Oetzi fa parte di un 'aplogruppo' oggi non piu' presente a livello mondiale, dopo 'soli' cinquemila anni, un periodo relativamente breve dal punto di vista evoluzionistico.

"Le mutazioni del Dna mitocondriale, dal primo Homo Sapiens presente in Africa 150-200 mila anni fa - spiega De Bellis - ci permettono di classificare le popolazioni attuali all'interno di gruppi chiamati 'aplogruppi' e abbiamo scoperto che il Dna di Oetzi appartiene all'aplogruppo K Europeo, per la precisione, al sottogruppo K1, il quale e' a sua volta suddiviso in 3 cluster.

La scoperta sconcertante, però, sta nel fatto che Oetzi non corrisponde a nessuno dei 3 cluster ! "

Il Dna mitocondriale e' un orologio biologico dell'evoluzione molto piu' puntuale rispetto al Dna cromosomico perche' si trasmette unicamente per via materna ed e' piu' soggetto alle variazioni molecolari dovute alle influenze dell'ambiente esterno, a differenza del Dna cromosomico che, racchiuso all'interno del nucleo della cellula, e' piu' protetto.


Fonte: http://mysterium.blogosfere.it/

Scienziati italiani trovano la molecola anti-aids: "Blocca le cellule umane"











Roma - Nuove speranze per combattere il virus dell’Hiv da una piccola molecola scoperta da ricercatori italiani. Gli studiosi del laboratorio di virologia molecolare diretto da Giovanni Maga, all’Istituto di genetica molecolare del Consiglio nazionale delle ricerche di Pavia (Igm-Cnr), in collaborazione con il laboratorio di chimica farmaceutica dell’università di Siena, diretto da Maurizio Botta, hanno stanato una molecola farmacologicamente attiva, in grado di bloccare l’infezione. 

La molecola anti-Aids Il suo bersaglio è un enzima cellulare, a differenza della terapia attuale che si basa invece su molecole dirette contro enzimi virali. "Il virus Hiv è un parassita delle cellule umane, non essendo in grado di riprodursi al di fuori dell’organismo infetto - spiega Maga in una nota - Come un vero predatore, il virus si introduce nella cellula colpita dall’infezione (solitamente un linfocita del sangue) e la spoglia delle sue risorse nutritive ed energetiche per duplicare il proprio genoma e costruire nuovi virioni. Al termine di questo processo di spoliazione, i nuovi virus escono dalla cellula, la quale, esaurite le sue energie, muore". 

Come funziona All’interno della cellula infetta il virus Hiv prende il controllo di numerosi enzimi cellulari, distogliendoli dalle loro normali funzioni e obbligandoli a lavorare per produrre nuove particelle virali. "Uno di questi enzimi è la proteina cellulare DDX3 - spiega ancora lo studioso - che normalmente interviene nella produzione delle proteine cellulari, facilitando il flusso di informazione genetica tra il nucleo (dove l’informazione viene custodita) e il citoplasma (dove l’informazione viene tradotta in nuove proteine). Il virus Hiv si inserisce in questo circuito e fa sì che DDX3 trasporti solo l’informazione genetica virale, per massimizzare la produzione di proteine virali a scapito di quelle cellulari. Quindi DDX3 è un cofattore essenziale per la riproduzione del virus all’interno delle cellule umane". Partendo da queste premesse, i ricercatori hanno utilizzato tecniche computerizzate per disegnare una molecola "su misura" per la proteina DDX3, che, successivamente sintetizzata e provata nei test biologici, si è dimostrata in grado di interferire con l’azione di DDX3, bloccandola. 

I risultati della ricerca I risultati, pubblicati sulla rivista Journal of Medicinal Chemistry dell’American Chemical Society, dimostrano come il blocco dell’azione di DDX3 causi l’interruzione della replicazione virale nelle cellule infette dal virus Hiv, senza danneggiare le cellule non infette che, al contrario del virus, posseggono meccanismi in grado di compensare la perdita di DDX3. "Questi risultati dimostrano, per la prima volta - aggiunge il ricercatore - che un farmaco diretto contro un enzima cellulare è in grado di bloccare l’infezione da Hiv. La terapia attuale anti-Aids - ribadisce dunque Maga - si basa su farmaci diretti contro enzimi virali". Ma gli enzimi virali hanno la tendenza a modificare la loro struttura durante la terapia, diventando resistenti ai farmaci utilizzati. "Gli enzimi cellulari, invece, hanno una capacità di gran lunga inferiore di mutare - conclude Maga - perciò un farmaco diretto contro un enzima della cellula avrebbe più probabilità di conservare la sua efficacia anche per tempi lunghi di terapia".


martedì 28 ottobre 2008

La misteriosa fine di Mohenjo-Daro






















Il Mahabharata il testo epico dell'antica India è pieno di leggende circa una misteriosa arma di distruzione di massa. 

La spedizione archeologica che ha scavato i resti di Mohenjo-Daro (potete trovare i riferimenti alla città in tutti i libri di storia, la sua fine è ancora avvolta nel mistero) si è trovata di fronte ad una citta molto estesa.

Non chiare sono le cause della sua distruzione, certi sono però i reperti ritrovati sul luogo: nessuna traccia di sconvolgimenti climatici (terremoti o alluvioni) resti di armi o scheletri di persone uccise (quindi guerre) . Gli archeologi furono perplessi.....secondo le loro analisi la catastrofe fu immediata e non durò molto...

Davneport e Vincenti due scienziati al seguito delle spedizioni formularono una teoria sorprendete: la citta fu rasata al suolo da un esplosione nucleare o qualcosa di simile.....
Trovarono ampi strati di vetro "verde" quello che si forma quando il terreno e la sabbia si fondono a temperature altissime (e si raffreddano ed induriscono subito dopo) in seguito ad ogni esplosione nucleare testata dall'uomo (per esempio nel deserto del Nevada).
Le analisi moderne portarono alla luce che molti resti dell'antica citta si fusero ad altissimi temperature (almeno 1500 gradi) , si trovò anche l'epicentro della supposta espolsione da dove tutte le case furuno disintegrate sino alle fondamenta...decine e decine di scheletri furono trovati nell'area di Mohenjo Daro con un livello di radioattività che superava il livello normale di 50 volte (!!!) 

Il testo indiano, a cui facciamo riferimento all'inizio di questo articolo, riporta in un capitolo di un guscio che "friggeva" fuoco senza generare fumo...quando questo guscio toccò il terreno l'oscurità coprì il cielo , uragani e tempeste rasarono al suolo la città, un orribile esplosione brucio migliaia di animali e persone in cenere....Contadini, uomini di città e guerrieri per giorni cercano di pulire grazie all'aiuto del fiume le polveri velenose....

 

Questo mistero è tutt'ora irrisolto , l'archeologia tradizionale continua a ritenere miti tutti i testi antichi scritti e sopravvissuti per migliaia di anni. Tutte le leggende sui diluvi, le incongruenze nei libri vedici che parlano di astronavi e simili esplosioni vengono tenute da parte e non considerate; gli scritti Maya (che ricordiamo avevano la capacità di costruire un calendario molto più accurato del nostro) e tutte le profezie dei popoli antichi vengono sistematicamente ignorate. Lo staff di Nibiru2012.it è in prima linea per divulgare e rendere noti tutte quelle anomalie del nostro passato che ci mettono in guardia circa il nostro futuro.



Per ulteriori informazioni circa la misteriosa esplosione indiana potete visitare : http://english.pravda.ru/science/19/94/377/13920_stones.html 


domenica 26 ottobre 2008

Le pietre incise dagli dei


















Palenque, Messico, ai giorni nostri. Decine di curiosi visitano il Tempio delle Iscrizioni maya, datato 692 d.C. e scoperto nel 1949 dall’archeologo Albert Ruz Lhuillier. All’interno di questa gigantesca piramide i turisti osservano, in un gigantesco sarcofago di pietra, sigillato da una pesantissima lastra rettangolare finemente istoriata, le spoglie mortali del sovrano Pacal. Ai più smaliziati non sfugge una stranezza: il disegno riprodotto sulla pietra tombale, vecchio più di un millennio, sembra rappresentare con incredibile precisione uno dei nostri moderni razzi in volo. La sagoma dell’ordigno è perfettamente aerodinamica, con tanto di piedini di atterraggio e getto propulsivo alla base. Al suo interno si vede il re Pacal, posizionato come un moderno astronauta, mentre aziona con le mani e con i piedi delle leve, e guarda dentro uno speciale oculare. Dunque, più di mille anni fa un sovrano maya aveva viaggiato a bordo di un’astronave spaziale? Oppure la pietra di Palenque ricorda, in maniera un po’ confusa e mitizzata, il passaggio di visitatori alieni sulla Terra? O ancora, come sostengono gli scettici, la raffigurazione ha semplicemente un significato simbolico del tutto terreno? A questi interrogativi non è mai stata data una risposta definitiva anche perché, inspiegabilmente, l’archeologia ufficiale sembra continuare ad ignorare di proposito l’enigma delle pietre che raffigurano gli dei.


I PETROGLIFI DI ICA

Nella minuscola città di Ica, in Perù, vive un insolito personaggio, il medico Javier Cabrera Darquea; quest’ultimo custodisce religiosamente, nel suo museo personale, oltre 20.000 pietre di andesite di diverse forme e proporzioni, alcune piccole e piatte e color grigio-ocra e altre  pesanti sino a 200 chili. Tutte hanno una curiosissima caratteristica, sono interamente coperte da elaboratissimi disegni preistorici che raffigurano tecnologie perdute o sconosciute! "Ho incontrato Cabrera nel 1991 - ha dichiarato il giornalista americano Brad Steiger - e ho esaminato le pietre trovate a Ica. Sopra di esse gli uomini preistorici avevano disegnato degli indigeni che volavano su uno pterodattilo ed osservavano con un cannocchiale uno stegosauro, il che mi stupiva non poco, visto che ufficialmente i dinosauri si sono estinti molto prima della comparsa dell’uomo sulla Terra. E c’erano anche figure di animali bizzarri, sconosciuti, e rappresentazioni dettagliate di chirurgia moderna, come un’operazione a cuore aperto la cui conoscenza non era possibile nell’antichità; in una pietra era poi descritta nientemeno che la deriva dei continenti... Nessun uomo preistorico poteva essere al corrente di simili informazioni sia del passato che del futuro. Nelle pietre più grandi c’era tutta la mitologia e l’astronomia, basata su un calendario di tredici mesi, di un popolo vissuto 230 milioni di anni fa, nell’era Mesozoica. Questa antica popolazione discendeva da una razza extraterrestre che aveva visitato la Terra 400 milioni di anni fa. Tutto questo si ricava dallo studio delle pietre...". Per avere conferma di queste incredibili asserzioni, Cabrera ha sottoposto alcuni reperti al geologo americano Ryan Drum, che ha dichiarato: "Ho studiato le rocce a 30 e 60 ingrandimenti con uno microscopio elettronico e non ho trovato, nelle incisioni, tracce di manipolazioni. Se le pietre sono genuine , allora hanno un incredibile valore; se sono uno scherzo, per il loro numero, la mole e l’accuratezza dei dettagli dovremmo studiare antropologicamente il loro autore...". E Joseph Blumrich, un ex-esperto della NASA convinto che in passato la Terra sia stata visitata da alieni, ha commentato: "Sono rimasto profondamente impressionato da ciò che ho visto. E sono molto felice di avere trovato un’evidenza così diretta di ciò in cui credo. Non ho alcun di dubbio sull’autenticità di queste pietre". "In molte di queste pietre - ribadisce Steiger - si vedono i progenitori dell’homo sapiens, esseri prima anfibi, poi rettili ed infine mammiferi, comunque anteriore alle scimmie. Cabrera è convinto che questi esseri siano stati manipolati geneticamente da una razza proveniente dalle Plejadi, che aveva una base esplorativa su Venere. Questi alieni seguivano un ben preciso piano scientifico. Sfortunatamente le loro creature vennero annientate dallo stesso cataclisma che ha sepolto sotto tonnellate di roccia le pietre di Ica". "Ho raccolto 20.000 pietre- ha dichiarato Cabrera - ma ne esistono molte di più, almeno 50.000.  É necessario che si crei una commissione di studio e che il governo peruviano istituisca un sistema di vigilanza permanente per proteggere questa ricchezza nazionale".


E SE FOSSE UNA TRUFFA COLOSSALE?

La scienza ufficiale non condivide l’entusiasmo del dottor Cabrera, ma anzi si dice sicura che le migliaia di pietre non siano nulla di più che dei falsi che gli indigeni del posto rifilano ai turisti creduloni. Federico Kauffmann Doig, uno dei più prestigiosi archeologi peruviani, ha commentato: "A livello scientifico il problema delle pietre di Ica non andrebbe neppure discusso. Mi limiterò a dire che già nel 1967 venne rintracciato uno degli autori di queste pietre: si chiama Basilio Uchuya e ha confessato di essere l’autore delle incisioni sulle pietre laviche. Non credo che l’argomento meriti più indagini di quante non ne siano state già fatte". E Viviano Domenici, responsabile delle pagine scientifiche del Corriere della Sera, ha ribadito: "Gli esseri raffigurati sulle pietre fanno cose strabilianti: trapiantano cuori, fegati e cervelli con coltellacci da cucina poco consoni al loro altissimo livello tecnologico, ma del tutto uguali a quelli che i contadini peruviani, i falsari, usano ogni giorno. La stessa incongruenza la si riscontra nelle cavezze che imbrigliano gli animali fantastici, che sono identiche a quelle dei moderni asinelli. Anche nella strumentazione astronomica gli extraterrestri di Ica rivelano poca fantasia e rimirano il cielo stellato con cannocchiali che sembrano usciti da un film di pirati. Quanto ai dinosauri e alla deriva dei continenti, queste immagini sono copiate di sana pianta dai libri di scuola...". Di diverso parere era lo studioso francese Robert Charroux che, nel 1977, commentava: " Ho esaminato le pietre false incise da Uchuya e la differenza è palese, il tratto è pesante e grossolano. Non è possibile confondere questi disegni così maldestri con le magistrali incisioni autentiche. Vorrei sapere poi come ha fatto Basilio a realizzare, dal 1960 al 1967, ben 11.000 pietre. Esiste poi una collezione analoga, in Colombia. L’archeologo dilettante Jaime Gutierrez Lega ha raccolto un centinaio di piccole pietre, la più interessante delle quali, ribattezzata il disco genetico, è larga 22 centimetri e riporta, finemente incisa, quella che Gutierrez ritiene la struttura microscopica dei geni e dei cromosomi...".


LINEE DI NAZCA, PIETRE DI ICA

Il giacimento delle pietre di Ica si trova a Sallas ed è stato messo a nudo da un terremoto. "Molte altre pietre - conferma lo studioso Yves Naud - arrivano da una zona ad una trentina di chilometri a sudovest di Ica, accanto il fiume omonimo, verso Ocucaje. Le pietre vengono perlopiù trafugate da tombe dagli indios, che le vendono a Cabrera o ai turisti. A Ocucaje non c’è famiglia contadina che non ne conservi almeno una. E sebbene gli scettici continuino a parlare di un falso, è certo che i graffiti sono noti almeno dal XVIIº secolo, come testimoniano i documenti dell’epoca. Se le pietre non hanno attirato l’attenzione degli archeologi, è perché la zona è estremamente ricca di reperti molto più preziosi ed interessanti, dai vasi Paracas alle selci lavorate. Un’eredità preistorica troppo abbondante ha reso i peruviani indifferenti alle pietre di Ica". Cabrera è convinto che i disegni di Ica siano collegati alle linee di Nazca. Sia sulle rocce di Ocucaje che nella pampa andina comparirebbero difatti i medesimi disegni. A detta di Cabrera, i tracciati andini sarebbero stati ricoperti, in passato, da un materiale sconosciuto, superconduttore e resistente alle alte temperature, che permetteva alle navi spaziali dei Plejadiani di atterrare in caduta libera senza alcun danno. Conferma a queste opinabili teorie venne nel maggio del 1975, quando il geologo Klaus Dikudt dell’Università di Lima disse di avere rintracciato, lungo le linee, " frammenti di un materiale scuro, traslucido, infrangibile, leggero ma estremamente duro, tanto da rigare il quarzo. Il materiale analizzato aveva reagito in modo anomalo a tutti gli esami, ed era rimasto intatto perfino sottoposto ad una temperatura di 4000 gradi. Non si trattava di frammenti di meteoriti. La composizione e la provenienza di questo materiale resta ignota...


LA PLACCA METALLICA DI EDMONTON

Il mistero delle pietre incise dagli "dei", o quanto meno dai loro discendenti, resta irrisolto. Sia la simbologia presente sulle pietre di Ica, vere o false che siano, sia i complessi glifi maya che circondano la lastra tombale di Palenque, solo parzialmente decifrati, sembrano ricordarci un passato remoto in cui la Terra, forse, era meta di visite da altrove. Indubbiamente è molto facile e comodo negare questa interpretazione, come frutto di un’accesa fantasia, ma negare non significa spiegare. Per questo motivo, dunque, gli enigmi di Ica e Palenque non sono mai stato risolti. Storie di pretese comunicazioni scritte o disegnate lasciate da qualcuno che, nella notte dei tempi, ha cercato di fornire una testimonianza scientifica agli uomini del futuro ricorrono ripetutamente nelle cronache documentate di questa umanità e non appartengono soltanto ad un remoto passato attorno al quale è possibile speculare senza alcun freno. Il 4 novembre 1967 Leonardo Romano, un nostro connazionale che si trovava a Edmonton, in Canada, vide dalla finestra di casa sua un globo luminoso atterrare sul campo antistante. Accanto ad una porzione di terreno erboso vistosamente bruciata, Romano trovò una minuscola lastra metallica lunga 17 centimetri e spessa solo un millimetro, coperta finemente da una serie di lettere non appartenenti ad alcun alfabeto terrestre conosciuto. Questo reperto, che qualche migliaio di anni fa sarebbe stato considerato un dono degli dei e per questo sarebbe stato ricopiato all’infinito, come le pietre di Ica, è stato ignorato, ancora una volta, dalla scienza ufficiale. E pertanto ancora una volta il mistero, forzatamente, permane.


fonte: Acam.it

sabato 25 ottobre 2008

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