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Misteri Nascosti e 2012

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Ecco l'inizio della «vita artificiale»: Costruita la prima cellula





PRIMA APPLICAZIONE: batteri in grado di produrre biocarburanti
Ecco l'inizio della «vita artificiale»
Costruita la prima cellula
Svolta epocale nella ricerca. È controllata da un Dna sintetico ed è in grado di dividersi e moltiplicarsi


ROMA - È stata costruita in laboratorio la prima cellula artificiale, controllata da un Dna sintetico e in grado di dividersi e moltiplicarsi proprio come qualsiasi altra cellula vivente. Il risultato, pubblicato su Science, è stato ottenuto negli Stati Uniti, nell'istituto di Craig Venter. Si tratta di una svolta epocale nella ricerca.

BATTERI SALVA-AMBIENTE - Con questo nuovo passo il traguardo della vita artificiale è ormai più vicino che mai e si comincia a intravedere la realizzazione di uno dei sogni di Venter: costruire batteri salva-ambiente con un Dna programmato per produrre biocarburanti o per pulire acque e terreni contaminati. Dopo avere ottenuto il primo cromosoma artificiale, la sfida è riuscire ad attivarlo, aveva detto Venter appena due anni fa. Adesso ha raggiunto il suo obiettivo e lo ha fatto unendo, come tessere di un puzzle, i risultati ottenuti negli ultimi cinque anni. Il primo passo, nel 2007, era stato la costruzione di un Dna sintetico; quindi nel 2009 sempre il gruppo di Venter ha eseguito il primo trapianto di genoma da un batterio a un altro. Adesso è ancora lo stesso gruppo, coordinato da Daniel Gibson, ad aver combinato i due risultati e aver assemblato la prima cellula sintetica.

«COMINCIA L'ERA POST-GENOMICA» - «Si tratta di un traguardo fondamentale dell'ingegneria genetica, non solo per possibili risvolti applicativi, ma anche perché segna la tappa iniziale dell'era post-genomica» commenta il genetista Giuseppe Novelli, preside della facoltà di Medicina dell'Università di Tor Vergata di Roma. «Di fatto Venter ha creato qualcosa che prima non c'era, un batterio prima inesistente, perché il genoma artificiale che ha costruito con una macchina in laboratorio contiene dei pezzetti di Dna che non esistono nel genoma del batterio presente in natura». Venter ha fatto tutto con una macchina, spiega ancora Novelli. «Prima ha letto la sequenza genomica del batterio in un database genetico, poi con un macchinario ha ricostruito chimicamente il genoma, aggiungendovi però nuove sequenze. Ha fatto pezzetti, ciascuno di 10 mila lettere di codice, poi li ha assemblati insieme fino a creare un genoma di oltre un milione di paia di basi. Poi ha inserito il genoma artificiale in un batterio svuotato del suo Dna e ha costruito una nuova forma di vita che funziona e si riproduce. La cellula così creata, infatti, prima non esisteva, e il suo genoma porta i segni distintivi della sua differenza dal batterio esistente in natura». «In futuro - conclude Novelli - si potranno creare nuove forme di vita capaci di produrre farmaci o di aiutarci contro l'inquinamento, per esempio batteri mangia-petrolio».

giovedì 20 maggio 2010

C'è un po' di Neanderthal in tutti noi


Il moderno europeo condivide con il Neanderthal parte del suo patrimonio genetico

In ogni uomo moderno si nasconde un Neanderthal. Geneticamente parlando: a differenza di quanto creduto finora, l'Homo neandertalensis (scomparso 30 mila anni fa) e l'Homo sapiens (da cui ha origine l'uomo moderno) si sono incontrati ed accoppiati, probabilmente nella regione della Mezzaluna Fertile (Medio Oriente), tra i 100.000 ed i 50.000 anni fa.

Lo afferma una ricerca del Max Planck Institute (di Lispia, in Germania) dell'University of California (di Santa Cruz, USA) ed dei National Institutes of Health (NIH), diretta da Svante Paabo e pubblicata su "Science".

La squadra di Paabo ha inizialmente ricostruito il genoma del Neandertal tramite analisi di reperti fossili: 3 donne rinvenute in Croazia (nella grotta i Vindija) ed altri resti trovati in Russia ed in Spagna, più gli "originali", rivenuti nel 1856 nella valle tedesca di Neander (da qui il nome).

Durante tale operazione, gli esperti hanno ripulito i frammenti ossei dalle varie contaminazioni (batteri in primis), per poi utilizzare tecniche di sequenziamento.

Successivamente, tale DNA è stato messo a confronto con quello di 5 umani moderni: un francese, un cinese, un abitante della Papua Nuova Guinea, uno dell'Africa del Sud e un altro dell'Africa occidentale.

In questo modo, gli studiosi hanno accertato come il contatto tra due specie sia avvenuto, lasciando tracce arrivate fino a noi.

Spiega infatti Svante Paabo: "L'ibridazione fra Neandertal e Sapiens c'è stata ed è avvenuta dopo la loro fuoriuscita dall'Africa, dove sono nati da un progenitore comune. L'uomo moderno, europeo, asiatico o melanesiano condivide con l'uomo di Neandertal fra l'uno e il quattro per cento del suo patrimonio genetico. Nel DNA degli africani, invece, non c'è traccia di quello dell'ominide estinto".

L'affare Neandertal era già stato discusso nella conferenza annuale dell'American Association for Advancement of Science a Chicago. Nell'occasione, gli studiosi avevano azzardato una sua descrizione, sulla base dei reperti ossei e dei risultati preliminari del DNA. Il (presunto) identikit è quello di un ominide, non molto alto (circa 1,60 m) e dallo spiccato progratismo ma di stazione eretta e con muscolatura robusta, con pelle chiara e capelli rossi. A livello genetico, aveva i geni del linguaggio e dell'intolleranza al latte.

Ma, identikit potenziali a parte, il lavoro di Paabo e colleghi (che ha finora coperto il 60% del DNA in questione) permette di comprendere meglio sia quanto l'uomo moderno abbia in comune con il suo lontano antenato, sia cosa abbia di "esclusivo".

E' stato infatti individuato una serie di geni che il Neandertal non aveva e che si trovano nel DNA attuale:geni che hanno fornito vantaggi in termini evolutivi e riguardano, in particolare, le funzioni cognitive, il metabolismo energetico, lo sviluppo del cranio, della clavicola e delle costole, la capacità di guarire dalle ferite.

E, se presenti in forme degenerate, causano malattie come autismo e schizofrenia.

Tuttavia, le scoperte non sono finite: "Siamo solo all'inizio: il genoma di Neandertal è una miniera di informazioni".



fonte: newsfood

venerdì 7 maggio 2010

Una canzone per riflettere


Mi interessa
mi interessa
mi interessa
mi interessa
mi interessa
mi interessa
ci sono stanze piene di pagine
coperte già da cento strati di polvere
se solo si trovasse il modo di leggerle
chissà a quante domande potremmo rispondere
e poi...
ci sono sette strade che dormono
coperte già da mille strati di cenere
se si trovasse il tempo di ripercorrerle
chissà quante scoperte avremmo da compiere
e noi...
restiamo qui, così, come se già
non ci servisse più la storia
non ci volesse più memoria
come se il mondo fosse soltanto materia
restiamo qui, così se è questo che vuoi
senza vedere mail oltre quel poco che hai
accontentandoti sempre di quel poco che sai
soltanto di quel poco che sai
mi interessa... non sfottermi
mi interessa... non sfottermi
mi interessa
mi interessa

se ci vedesse il figlio di atlantide
vedrebbe case grandi e piccole anime
ci troverebbe stretti in piccole formule
lontani dal bisogno di liberarcene
e poi...
se ritornasse l'uomo di neanderthal
magari impazzirebbe davanti a una simmenthal
magari ammirerebbe i miei fiori di plastica
ma se mi domandasse davvero il senso che ha
io sarei qui, così, come se già
non ci servisse più la storia
non ci volesse più memoria
come se il mondo fosse solo materia
mi interessa... non sfottermi
mi interessa... non sfottermi
mi interessa
mi interessa
ancora... ancora... ancora... e ancora...
ancora... e ancora...
mi interessa...
mi interessa...
mi interessa...
mi interessa...
mi interessa...
mi interessa...







lunedì 3 maggio 2010

Paleontologia: svelato il segreto del Mammut, aveva l'antigelo nel sangue





Una recente scoperta. Nuove scoperte per l'universo della paleontologia. Dall'esame dei resti del Dna di un esemplare di mammut di ben 43000 anni fa, è emerso che quei bestioni avevano l'antigelo nel sangue. Gli animali, infatti, riuscivano a sopravvivere a temperature glaciali. I pachidermi, riporta il britannico Guardian, nel corso dei secoli avevano adattato la loro emoglobina che trasportava ossigeno alle cellule anche sottozero. Questo consentiva loro, addirittura, anche un dispendio minore di energia.

Chi sono i mammut. I mammut sono dei grossi proboscidati estinti, caratterizzati da lunghe zanne ricurve e, in alcune specie, da un lungo vello che ne ricopriva il corpo. Come gli odierni elefanti, con cui sono strettamente imparentati, anche i mammut potevano raggiungere dimensioni ragguardevoli. La specie più grande conosciuta, il Mammuthus Sungari è vissuto tra la Cina e la Mongolia, raggiungeva l'altezza di 5 metri al garrese.

Probabilmente i mammut pesavano circa 6/8 tonnellate, ma si pensa che i grandi maschi possano aver superato le 12 tonnellate. In ogni caso la maggior parte delle specie erano grandi solo quanto un elefante asiatico attuale.

Questi animali vissero circa 4,8 milioni di anni fa. La maggior parte dei mammut si estinse alla fine del periodo del Pleistocene. Fa eccezione la specie nana dell'isola di Wrangel, che si è estinta solo intorno al 1500 avanti Cristo. La sopravvivenza di questi mammut dell'isola russa è dovuta al fatto che il luogo era molto remoto. Infatti è stato scoperto solo nel 1820 da una baleniera britannica.

Le principali spiegazioni sull'estinzione dei mammut si rifanno a ragioni climatiche o alla eccessiva caccia da parte dell'uomo ma il dibattito è tuttora aperto. Nuovi dati derivati da studi fatti su elefanti viventi e diffusi dall'American Institute of Biological Sciences suggeriscono che anche se la caccia potrebbe non essere stata la prima causa dell'estinzione finale dei mammut, è probabile che sia stata comunque un fattore fondamentale. Una recente toeria fa pensare a una malattia infettiva.

La clonazione. Nel 1977 venne scoperto un giovane esemplare di mammut congelato. Venne chiamato Dima. Gli scienziati estrassero alcune cellule dal suo corpo perché volevano far nascere un mammut da un'elefantessa ma non ci riuscirono.
Ma oggi gli scienziati hanno una marcia in più: la clonazione. Estraendo le cellule dagli esemplari perfettamente conservati nel ghiaccio, come quelle delle mammuttina Ljuba scoperta nel 2007, gli scienziati hanno estratto circa il 70/80% del DNA. Gli embrioni che verranno creati con questo materiale genetico verranno impiantati nel grembo di femmine di elefante asiatico, l'animale che geneticamente è più simile al mammut. Gli esemplari così creati verranno portati in Siberia e in Canada, i luoghi con il clima più adatto per la loro sopravvivenza. Gli scienziati credono che non dovrebbero creare uno scompenso biologico essedo che i mammut si sono estinti circa 4.000 anni fa ai tempi degli egizi.


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